Umiliazioni nell’archivio sotterraneo

DOMINA ELY
Assorta tra pensieri e lavoro ero seduta alla scrivania del mio ufficio quando in una scheda trovo ciò che stavo cercando per completare la mia pratica, ma aprendola mi indirizza agli archivi sotterranei degli uffici. Mi alzo dalla mia sedia e mi dirigo all’archivio che si trova proprio sotto dove devo percorrere una scalinata poco illuminata e abbastanza impolverata che al mio passaggio posso avvertire quell’odore di umido e polvere che si attaccano sotto le mie suole. Un vero problema per come ero vestita oggi: tacco 12 minigonna in pelle e top. Arrivata sotto cerco la fila e i numeri di faldoni registro come era in scheda PC e girando tra le corsie sento degli strani rumori che non mi fanno stare tranquilla. Cammino tra parti di fogli strappate e tagliuzzate che si attaccano alle mie estremità come fossero calamitati dal mio tacco alto a spillo. Finalmente trovo la fila dell’archivio quando mi accorgo che in realtà non sono sola. Scorgo nel buio della fila che qualcosa o qualcuno si muove. Chiedo se c’è qualcuno ma nell’ambiente la mia voce rimbomba e un fruscio di fogli la accompagna. Un po’ spaventa mi dirigo nella fila di colonna e trovo ciò che stavo cercando quando all’improvviso il mio tacco si incaglia ed affonda su un qualcosa che è rialzato. Mi guardo le estremità e trovo un uomo ai miei piedi in ginocchio che stava raccogliendo fogli da terra mentre il mio tacco gli aveva bucato la cravatta nel suo tentativo di rialzarsi.

IL COLLEGA
Mi trovavo nell’archivio a riordinare delle pratiche. La luce quasi del tutto assente e il fatto che non ci fossero finestre, rendevano l’ambiente ancora più polveroso e umido. Credevo di esser solo quando sento un rumore di tacchi avvicinarsi. Sorpreso mi cadono i fogli che avevo in mano, mischiandosi con le cartacce e i fogli strappati sul pavimento. La percepisco, posso vedere i suoi stiletti schiacciare i fogli mentre io in silenzio , in ginocchio sul pavimento, raccolgo i preziosi fogli che stavo cercando. Non oso dire nulla, incantato dalla figura della mia collega… Divina con il suo abbigliamento in pelle… E secondo me si è accorta di come mi metta in imbarazzo ogni volta che, in ufficio, sfila il tallone da quegli stiletti… Il respiro mi si accorcia, il cazzo diventa turgido nei pantaloni. Raccolgo i miei fogli quando, nel tentativo di rialzarmi, sento la cravatta pinzata a terra dal suo stiletto… Mentre l’altro sta affondando sul mio corpo. Si è accorta di me. Balbettando davanti alla Sua figura che mi fa sentire piccolo e sfigato provo a chiederle se posso aiutarla. Cercando di nascondere il mio imbarazzo..

DOMINA ELY
Con in tacco impigliato e l’altro stavo sopra a qualcosa di forma irregolare: era la mano del mio collega, me lo ritrovo tra i piedi come un topo, quando in ufficio mi sento sempre parecchio osservata in modo quasi maniacale. Avevo da sempre desiderato di poter avere delle risposte da lui, che in ufficio sta sempre molto in disparte e mi scruta di nascosto da dietro la scrivania. Non mi sposto di un centimetro e, fingendomi sorpresa, gli domando cosa faccia ai miei piedi. L’unica cosa che esce dalle sue labbra sono parole senza senso che mi provocano un certo fastidio. Mi giro su me stessa girandogli di proposito la suola sulla mano. Dalla sua bocca solo versi più che parole. Avevo chiesto cosa facesse lì, ma non avevo alcuna intenzione di farlo rialzare. Bloccato col tacco nella sua cravatta non poteva nemmeno alzare lo sguardo che era fisso sulle mie scarpe impolverate. Approfitto della situazione per capirne di più sul suo atteggiamento quando è in ufficio. Sposto il piede che schiacciava la sua mano calpestando di punta la sua cravatta per accorciare la distanza tra il suo volto e i miei piedi.

IL COLLEGA
Lei ignora totalmente la mia domanda. Mi sento ancora più in soggezione. Da quando era arrivata in ufficio quella donna mi aveva sempre attirato e spaventato allo stesso tempo. La sua eleganza e il suo aspetto sempre impeccabile e austero avevano catturato da subito la mia attenzione. La sua passione per le scarpe con il tacco alto e sottile mi aveva attirato in modo morboso, soprattutto quando le sfilava o le dondolava distrattamente sotto la sua scrivania. Gesti probabilmente inconsapevoli dell’effetto che possono avere sul cervello di un uomo, ma che la rendevano una vera Dea ai miei occhi. La sua scarpa puntava la mia cravatta al suolo, l’altra scarpa premeva sul dorso della mia mano. Io ero come pietrificato, abbandonato da tutta la mia sicurezza che faceva parte di me in ambiente di lavoro… Non si mosse di un centimetro. Non fui capace di lamentarmi, abbassai lo sguardo mentre sentivo il cazzo ingrossarsi e schiacciare sul tessuto delle mutande. Mi chiese cosa facessi lì a terra, cercai di rispondere qualcosa di credibile ma dalla sua reazione divertita capì che avevo emesso solo qualche lamento incomprensibile… Spostò il piede dalla mia mano. Il sollievo durò pochissimo perché sentì la cravatta accorciarsi ancora e mi ritrovai con il muso a pochi centimetri dai suoi piedi, che ora schiacciavano insieme la mia cravatta sul pavimento impolverato…

DOMINA ELY
Ignoravo la sua domanda per divertimento nel sentirlo imbarazzato ai miei piedi e sorpresa dal fatto che non riuscisse a fare altro che mugugnare al mio cospetto. Gli domandai cosa ci facesse qui sotto in orario non lavorativo, visto che a quell’ora gli uffici dovevano essere vuoti. Mi rispose molto provato che mi aveva seguita negli archivi e, con la scusa di riordinare certi faldoni, voleva approfittare del fatto di essere finalmente soli per dirmi che era morbosamente attratto dai miei piedi e dalla mia personalità. Un po’ sorpresa dalla situazione mi ritrovo improvvisamente in una situazione di dominio nei suoi confronti che mi permette di osare e di giocare col suo sentirsi ammaliato da me. Alla sua risposta di cosa facesse giù e dalla sua dichiarazione non mi feci problemi ad alzare una gamba e appoggiarla sulla sua testa premendo cosi la sua faccia contro la punta della mia scarpa tutta impolverata. Volevo umiliarlo e farlo sentire inerme al mio cospetto per tutte quelle volte che mi scrutava in angoli nascosti degli uffici. Potevo sentire il suo respiro sul mio piede così affannato e provato quando di sua iniziativa iniziò a leccare la mia scarpa.

IL COLLEGA
La mia risposta incomprensibile definì in modo netto i ruoli. Non mi aspettavo di trovare in lei tanta consapevolezza di quanto io fossi sensibile al suo fascino, e di quanto fossi debole davanti a donne tanto arroganti e sicure di sé. Nemmeno il tempo di sentire il suo piede allentare la presa sulla cravatta, che me lo ritrovai a schiacciarmi la testa sulla punta della sua scarpa impolverata. Non ci fu bisogno di parole. Iniziai a leccare quella scarpa con devozione e adorazione, consapevole di aver raggiunto un punto di non ritorno per i rapporti futuri in ufficio e non solo. Sapendo che da lì le cose sarebbero quasi certamente cambiate. Ma in quel momento volevo solo leccare le sue scarpe e offrirle la mia resa ai Suoi piedi che tanto mi avevano fatto sognare fino a quel giorno. Potevo percepire il sapore dello sporco in bocca ma il mio cazzo sì irrigidiva sempre di più. Leccai umile ma senza esitazioni adorando quella scarpa come fosse in oggetto sacro. Con il pensiero ovattato, e dimenticando tutto il resto, e tutto ciò che quel gesto avrebbe potuto comportare sia per la mia carriera, sia per la mia relazione e per la mia reputazione.

DOMINA ELY
Era totalmente preso nel leccare le mie Scarpe impolverate mentre io di proposito spingevo la sua testa sempre più giù come a consolidare la mia superiorità nei suoi confronti. In quel momento iniziò ad essermi tutto così chiaro: il suo modo di guardarmi il ufficio e quanto quella lingua fosse così vogliosa delle mie scarpe. Non ho mai sopportato le scarpe sporche e questa sensazione di aver trovato un leccasuole non mi dava per nulla fastidio anzi, lo avrei sfruttato a mio piacimento, lo avrei usato ogni volta che più ne avrei avuto voglia portandolo ad essere ancora più succube della mia personalità e del gusto delle mie scarpe. Ormai ero i completo controllo e lui, inerme e voglioso, continuava a leccare e lucidare le punte delle mie scarpe. Presi ancor più consapevolezza della mia forza spronandolo a leccarle tutte per bene senza tralasciare nemmeno un centimetro delle mie favolose scarpe. Non gli avrei mai permesso di alzarsi da terra finché ogni angolo delle mie scarpe non fosse tornato ad essere lucente e sentendolo rispondere “sì mia dea” gli risi dietro dandogli del coglione leccasuole.

IL COLLEGA
Quasi subito sentì il suo tacco aumentare la pressione, e la sua voce incitarmi a leccare bene tutte le scarpe. Non era minimamente imbarazzata, gestiva la situazione con una consapevolezza ed un’autorità che non mi aspettavo. Il cazzo mi esplodeva nei pantaloni, il cervello in tilt. Forse qualche volta aveva notato come fissavo i suoi piedi, o magari giocava come il gatto con il topo facendo crescere il mio desiderio fino a usarlo a suo piacimento. Leccai tutte le scarpe mentre la sentivo scattare qualche foto con il telefono. “Bravo coglione leccasuole, e ricordati che da oggi in poi cambieranno molte cose. Ora me ne vado, sistema sto casino e domani voglio il caffè in ufficio alle 9. Non mi interessa cosa penseranno gli altri, inventerai una scusa.” Non aspettò risposta, non ne aveva bisogno… Se ne andò ridendo, lasciandomi li steso in mezzo alla polvere con il sapore della sconfitta in bocca, e il cazzo duro come forse mai prima d’ora.

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